Tante sono le persone che incontro nel mio studio o negli istituti in cui lavoro, che in età evolutiva o da adulte hanno subito una violenza sessuale.
Spesso le conseguenze sono drammatiche sul piano psicologico, ma anche in questi casi il solo parlarne in un contesto accogliente e pieno di fiducia quale può essere il contesto psicoterapico, può aiutare la persona a trovare le fila per alleviare il dolore e dare un senso a quanto subito.
L'obiettivo della psicoterapia non è dimenticare, quanto ritrovare una modalità per convivere con l'evento, affievolire il senso di colpa, elaborare la rabbia, per superare i tanti ambivalenti sentimenti che conseguono alla vittimizzazione.
Ma andiamo per ordine. Prima di descrivere le violenze sessuali, preme sollecitare gli eventuali lettori che hanno subito violenza, a leggere le mie parole con un occhio relativistico. Il presente testo contiene parole che potranno essere vicine alla propria esperienza, altre più estranee. Trattandosi di un testo rivolto a tutti e non a una sola persona, la descrizione del fenomeno non può che essere generale.
Che rapporto c'è tra l'autore e la vittima di reato?
Sebbene la cronaca nazionale evidenzi i casi di violenza sessuale consumata tra persone estranee, molti sono invece i reati che coinvolgono autori e vittime legati da una relazione di parentela, amicizia o conoscenza.
Il dato è raccapricciante, perché ci dice che in molti casi il pericolo di imbattersi con l'aggressore non è per le strade o nelle piazze, ma all'interno delle mura domestiche.
Quantifichiamo il danno
Secondo la letteratura specialistica, i danni di violenza sessuale sono proporzionati ad alcune variabili relative all'età della vittima, alla durata dell'abuso, alla frequenza delle aggressioni e al grado di invasività perpetrata nel corso dell'aggressione stessa.
Più precisamente, si osserva che i danni sono maggiori quanto più giovane è la vittima, quanto più l'abuso si protrae nel tempo (un abuso consumato per un mese è meno lesivo di un abuso perpetrato per più anni), quanto più numerose sono le aggressioni subite e quanto più è invasivo l'atto aggressivo (un palpeggiamento è meno lesivo di una penetrazione).
Danni maggiori sono presenti anche quando l'autore di reato non è sottoposto ad alcuna sanzione: la mancanza di una sentenza che renda pubblica l'offesa subita e che legittimi quindi il naturale risentimento della vittima nei confronti dell'autore, aumenta il senso di ingiustizia, lasciando la vittima in un limbo di indeterminatezza: "Ma come ... dopo tutto non gli fanno neanche nente?!?"
Ovviamente queste sono le indicazioni di massima emergenti dagli studi effettuati sulle vittime di abuso sessuale: queste informazioni non vogliono escludere l'eventualità che una persona vittima di abuso per una sola aggressione, soffra più di un'altra, magari più giovane o aggredita più volte.
Nel riuscire a far fronte all'abuso sessuale, la componente soggettiva ha un ruolo importante e, con essa, la storia personale, le risorse acquisite nel corso della propria esperienza di vita, la modalità (tutta intima) di costruzione della realtà.
Quando l'abuso coinvolge bambini
La pedofilia o, in ogni caso, la violenza su minori, è decisamente più dannosa: proprio per questo è punita con pene più severe.
La violenza perpetrata a danno di un minore, infatti, ostacola il processo evolutivo della vittima, rischiando di compromettere la sua integrità psicofisica e, con essa, la sua identità sessuale, la fiducia nei confronti di altre persone, l'autostima, il livello intellettivo. L'intera personalità rischia di rimanere seriamente compromessa da un abuso subito in età evolutiva.
Per scendere nel dettaglio, diverse sono le componenti che ledono il minore vittima di reato sessuale.
Pedofilia e ambivalenza affettiva
Vediamo la particolare relazione che si instaura tra autore e vittima minorile: a causa delle caratteristiche intellettive e affettive della vittima, l'aggressore può conquistarsi la "amicizia" sul piano affettivo, guadagnandosi una fiducia, che viene poi tradita dall'adulto stesso, con la violazione dell'intimità della vittima. Si crea così un doppio legame, che vede un rapporto positivo sul piano manifesto, ed aggressivo sul piano sessuale. Il bambino rimane turbato da tanta ambivalenza: "Come è possibile che questa persona che mi vuole bene, si permetta di fare anche queste cose?".
Molto probabilmente, tanta ambivalenza ha effetti sul minore ancora maggiori di quanto possa averne l'aggressione sessuale da sola! Si pensi per esempio all'eventualità che l'aggressore sia il padre. In questi casi, l'intero ambiente familiare assume toni minacciosi, perché agli occhi del minore anche le altre figure adulte presenti in casa, non riescono a proteggerlo dalla violenza subita.
Poiché il bambino non ha gli strumenti conoscitivi per capire che il rapporto sessuale è qualcosa che lui stesso non ha scelto, e che quindi non vuole, l'ambivalenza così creatasi si può protrarre per molti anni, prima che la vittima riesca ad opporsi, venendosi così ad instaurare le condizioni perché l'abuso duri molto nel tempo e perché siano molti i rapporti consumanti.
Ma andiamo per ordine. Prima di descrivere le violenze sessuali, preme sollecitare gli eventuali lettori che hanno subito violenza, a leggere le mie parole con un occhio relativistico. Il presente testo contiene parole che potranno essere vicine alla propria esperienza, altre più estranee. Trattandosi di un testo rivolto a tutti e non a una sola persona, la descrizione del fenomeno non può che essere generale.
Che rapporto c'è tra l'autore e la vittima di reato?
Sebbene la cronaca nazionale evidenzi i casi di violenza sessuale consumata tra persone estranee, molti sono invece i reati che coinvolgono autori e vittime legati da una relazione di parentela, amicizia o conoscenza.
Il dato è raccapricciante, perché ci dice che in molti casi il pericolo di imbattersi con l'aggressore non è per le strade o nelle piazze, ma all'interno delle mura domestiche.
Quantifichiamo il danno
Secondo la letteratura specialistica, i danni di violenza sessuale sono proporzionati ad alcune variabili relative all'età della vittima, alla durata dell'abuso, alla frequenza delle aggressioni e al grado di invasività perpetrata nel corso dell'aggressione stessa.
Più precisamente, si osserva che i danni sono maggiori quanto più giovane è la vittima, quanto più l'abuso si protrae nel tempo (un abuso consumato per un mese è meno lesivo di un abuso perpetrato per più anni), quanto più numerose sono le aggressioni subite e quanto più è invasivo l'atto aggressivo (un palpeggiamento è meno lesivo di una penetrazione).
Danni maggiori sono presenti anche quando l'autore di reato non è sottoposto ad alcuna sanzione: la mancanza di una sentenza che renda pubblica l'offesa subita e che legittimi quindi il naturale risentimento della vittima nei confronti dell'autore, aumenta il senso di ingiustizia, lasciando la vittima in un limbo di indeterminatezza: "Ma come ... dopo tutto non gli fanno neanche nente?!?"
Ovviamente queste sono le indicazioni di massima emergenti dagli studi effettuati sulle vittime di abuso sessuale: queste informazioni non vogliono escludere l'eventualità che una persona vittima di abuso per una sola aggressione, soffra più di un'altra, magari più giovane o aggredita più volte.
Nel riuscire a far fronte all'abuso sessuale, la componente soggettiva ha un ruolo importante e, con essa, la storia personale, le risorse acquisite nel corso della propria esperienza di vita, la modalità (tutta intima) di costruzione della realtà.
Quando l'abuso coinvolge bambini
La pedofilia o, in ogni caso, la violenza su minori, è decisamente più dannosa: proprio per questo è punita con pene più severe.
La violenza perpetrata a danno di un minore, infatti, ostacola il processo evolutivo della vittima, rischiando di compromettere la sua integrità psicofisica e, con essa, la sua identità sessuale, la fiducia nei confronti di altre persone, l'autostima, il livello intellettivo. L'intera personalità rischia di rimanere seriamente compromessa da un abuso subito in età evolutiva.
Per scendere nel dettaglio, diverse sono le componenti che ledono il minore vittima di reato sessuale.
Pedofilia e ambivalenza affettiva
Vediamo la particolare relazione che si instaura tra autore e vittima minorile: a causa delle caratteristiche intellettive e affettive della vittima, l'aggressore può conquistarsi la "amicizia" sul piano affettivo, guadagnandosi una fiducia, che viene poi tradita dall'adulto stesso, con la violazione dell'intimità della vittima. Si crea così un doppio legame, che vede un rapporto positivo sul piano manifesto, ed aggressivo sul piano sessuale. Il bambino rimane turbato da tanta ambivalenza: "Come è possibile che questa persona che mi vuole bene, si permetta di fare anche queste cose?".
Molto probabilmente, tanta ambivalenza ha effetti sul minore ancora maggiori di quanto possa averne l'aggressione sessuale da sola! Si pensi per esempio all'eventualità che l'aggressore sia il padre. In questi casi, l'intero ambiente familiare assume toni minacciosi, perché agli occhi del minore anche le altre figure adulte presenti in casa, non riescono a proteggerlo dalla violenza subita.
Poiché il bambino non ha gli strumenti conoscitivi per capire che il rapporto sessuale è qualcosa che lui stesso non ha scelto, e che quindi non vuole, l'ambivalenza così creatasi si può protrarre per molti anni, prima che la vittima riesca ad opporsi, venendosi così ad instaurare le condizioni perché l'abuso duri molto nel tempo e perché siano molti i rapporti consumanti.